Linguaggi e apprendimento

I am sitting in a room different from the one you are in now. I am recording the sound of my speaking voice and I am going to play it back into the room again and again until the resonant frequencies of the room reinforce themselves so that any semblance of my speech, with perhaps the exception of rhythm, is destroyed. What you will hear, then, are the natural resonant frequencies of the room articulated by speech. I regard this activity not so much as a demonstration of a physical fact, but more as a way to smooth out any irregularities my speech might have.   A.Lucier


Imparare a programmare un software e ad usarlo nel comporre un brano musicale è come apprendere una nuova lingua straniera attraverso la quale esprimere le proprie idee. Come abbiamo già in parte appurato nel Paragrafo dedicato a Linguaggi e codici, è qualcosa che ha a che fare con la comprensione e l’apprendimento parallelo di due linguaggi, uno tecnico e l’altro espressivo-comunicativo. Nell’addentrarci in questo ragionamento, proviamo ad affrontare brevemente alcune teorie e tecniche di apprendimento, sia per cercare di illustrare come è strutturato questo sito, sia per comprendere come si svilupperà il cammino appena iniziato. Poniamoci alcune domande.

Quali sono le condizioni generali perché ci sia apprendimento?

Prima di apprendere è necessario comprendere correttamente e per comprendere è necessario interpretare. Per interpretare dobbiamo conoscere il sistema di regole usato (grammatica) e possedere un vocabolario minimo formatosi nella memoria attraverso l’esperienza (Nel Capitolo precedente abbiamo affrontato un discorso simile riguardo la memoria auditiva e sonora). Ad esempio nel leggere queste righe di testo, le interpretiamo e le comprendiamo in quanto conosciamo la sintassi e siamo provvisti di un vocabolario più o meno forbito della lingua italiana. In un secondo tempo potremo scegliere se apprendere o dimenticare tutto ciò che abbiamo letto, interpretato e compreso. La comprensione è sempre un atto di scelta, anzi una serie di scelte compiute lungo lo sviluppo di un’esperienza come ad esempio la lettura di un testo (sia esso letterario, musicale, pittorico, gestuale o altro) e in quanto tale un atto interpretativo [M.Ambel]. Apprendimento è dunque innanzitutto interpretazione, scelta e comprensione. Non c’è apprendimento senza comprensione e non c’è comprensione senza conoscenza pregressa. E’ un processo di stratificazione. La comprensione di un testo non veicola significato in sé, ma offre solo indicazioni a chi legge sul modo di costruire significato partendo da conoscenze acquisite in precedenza. Nello specifico di questo scritto, il solo comprendere sia i contenuti estetico-musicali che quelli tecnico-informatici qui esposti non porta conseguenzialmente a scrivere un brano musicale più o meno udibile o esteticamente interessante utilizzando un linguaggio informatico più o meno performante, ma vuole fornire gli strumenti più adatti per accrescere, connettere tra loro e filtrare le proprie esperienze artistiche e non. E’ il processo successivo alla comprensione e all’apprendimento che veicola significato e permette la creazione, sopratutto nelle arti del suono dove come abbiamo visto nel Capitolo precedente significante e significato coincidono (un suono rappresenta solo se stesso) permettendo in questo modo la libertà della forma. Per le ragioni appena esposte, in questo scritto incontreremo paragrafi-vocabolario come il successivo o quelli sulla misurazione del tempo, apparentemente astratti e senza alcuna applicazione pratica, che contengono quasi esclusivamente descrizioni di elementi appartenenti alternativamente a uno dei due linguaggi che sono oggetto delle nostre riflessioni. Questi paragrafi servono in primo luogo alla formazione delle conoscenze minime necessarie alla comprensione dei due linguaggi (primo stadio del processo di stratificazione dell’apprendimento) e in secondo luogo hanno funzione di reference, ovvero definiscono uno spazio dove è possibile trovare un insieme di informazioni relative ad argomenti dedicati. Potremo scegliere di leggere, comprendere e apprendere (ricordare) subito il contenuto significativo di questi capitoli o meno, ma in entrambi i casi avremo appreso che, qualora servisse in futuro, c’è un luogo dove poter cercare determinate informazioni.

Come avviene la comprensione?

Se prendiamo in considerazione la teoria cognitivista la comprensione è determinata dall’applicazione di strutture che trasformano la realtà circostante in rappresentazioni mentali che si formano attraverso l’elaborazione progressiva nella nostra memoria di schemi flessibili e combinabili tra loro. Questi schemi sono una rappresentazione delle nostre esperienze e assumono un ruolo fondamentale nel processo del comprendere perché guidano la nostra conoscenza e ne consentono lo sviluppo attraverso la trasformazione continua di modelli mentali della realtà. La stessa teoria divide queste strutture in due entità: script e piani. Uno script è una particolare conoscenza schematica che la mente elabora circa "eventi e situazioni nei quali una sequenza di azioni viene eseguita in un determinato contesto spazio-temporale da uno o più attori che agiscono per raggiungere uno scopo e adottano comportamenti idonei alla situazione in cui si trovano”. [Roger Schank, "Teaching Minds: How Cognitive Science Can Save Our Schools" Paperback – October 28, 2011]. Vediamone un esempio.

Questo è lo script che abbiamo seguito per andare al ristorante la prima volta. Si è formato attraverso l’interpretazione e la comprensione della realtà, ovvero ci siamo resi conto di essere in un luogo preciso (casa), di essere nelle condizioni di doverci lavare e vestire (vocabolario sociale pregresso) e di dover aprire la porta di casa per uscire e dirigerci all’indirizzo del ristorante scelto. Dopo aver vissuto la prima volta questa esperienza, ora sappiamo (abbiamo appreso) che se fossimo a casa e volessimo tornare in quel ristorante dovremmo effettuare di nuovo tutte le azioni presenti in quello script. Lo stesso può inoltre essere richiamato dalla memoria e applicato anche nel caso volessimo andare in un altro ristorante o in qualsiasi luogo diverso da casa nostra, basterebbe semplicemente cambiare il percorso da compiere una volta varcato l’uscio. Lo script appena illustrato è rappresentativo della flessibilità degli schemi. Quando nel corso di un esperienza riconosciamo uno schema già incontrato lo colleghiamo immediatamente alla nuova situazione ed eventualmente lo trasformiamo per ottimizzarlo o riadattarlo, generandone uno nuovo che potrà a sua volta essere in futuro rielaborato e modificato interamente o in parte. Sempre R.Schank definisce lo script come ”copione di interazione sociale, rintracciabile nel proprio patrimonio culturale”. Quando è attivo (l’abbiamo appreso) consente di:

Ora che il concetto generale di script dovrebbe risultare più chiaro veniamo a un esempio più specifico dei temi affrontati in questo scritto (musica e codice) che spero possa fornire la chiave per comprendere come utilizzare al meglio gli schemi esemplificativi musicali e informatici presenti in questo sito.

Due considerazioni:

  1. Come è ben osservabile in questo caso anche lo script non veicola significato in sé ma offre solo indicazioni sul modo di costruirlo. Musicalmente parlando, gli eventi di questo script possono essere note, audio files, ampiezze, durate, contenitori di altri eventi, parametri di una qualche tecnica di sintesi o elaborazione del suono, etc. A seconda della tipologia di eventi che andiamo a mettere in sequenza il significato musicale può cambiare radicalmente. Lo schema è sempre lo stesso, similare o derivato. Anche dopo aver stabilito il parametro rappresentato dall’evento e di conseguenza scelto il linguaggio (sonoro, musicale, visuale o altro) che vogliamo utilizzare, nel momento in cui andiamo a modificare ”i criteri secondo i quali le scelte casuali debbano avvenire e come i valori ottenuti saranno impiegati per rendere sequenziali gli eventi nel tempo” il significato può cambiare radicalmente, in quanto muta la sintassi stessa del linguaggio impiegato. Lo schema è ancora una volta lo stesso, similare o derivato.
  2. Lo script appena esposto mostra chiaramente le relazioni e i collegamenti che intercorrono tra il linguaggio musicale e quello informatico: effettuiamo le azioni principali su quest’ultimo (programmiamo algoritmi) ma queste azioni sono subordinate alle necessità del primo (scopi musicali). Anche questo scritto, per quanto possibile è organizzato allo stesso modo. Dall’esposizione di una o più necessità musicali e dal loro apprendimento passeremo alla descrizione di alcune possibili realizzazioni informatiche. Solo in qualche occasione ci soffermeremo su schemi puramente informatici che, in virtù della loro astrazione e delle caratteristiche sopra esposte, possono essere applicati con minime varianti a più contesti linguistico/musicali.

Ricordiamoci che la teoria cognitivista divide gli schemi in script e piani. Abbiamo chiarito cosa sono i primi ma prima di vedere cosa sono questi ultimi, poniamoci un’altra domanda la cui risposta rappresenta il terreno che congiunge il concetto di script con quello di piano.

Quale processo consente la conservazione in memoria delle nuove informazioni?

Nello svolgersi dei ragionamenti effettuati finora in questo paragrafo abbiamo stabilito che l’apprendimento è efficace quando:

Riassumendo, l’apprendimento è efficace quando ci consente di trasferire in nuovi contesti quanto abbiamo appreso. Questo avviene quando le conoscenze e le esperienze si configurano in strutture a grappoli, interconnesse da legami di subordinazione nella nostra memoria. Semplificando. Pensiamo i singoli script come acini di un grappolo d’uva, legati tra loro non da un solo pedicello e ramo ma in più punti e tra diversi grappoli.

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Sono questi grappoli di conoscenze a costituire il contenuto della struttura cognitiva, che nel tempo si accresce e si ristruttura continuamente. Il continuo elaborare, confrontare con la realtà e ristrutturare i grappoli di conoscenza facilita e consente la conservazione in memoria delle nuove informazioni. Tanto più varie e pluridisiplinari saranno le esperienze, tanto maggiore sarà la ricchezza della loro struttura cognitiva e quindi la nostra capacità di metterle in relazione e apprendere.

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Possiamo considerare questo Paragrafo così come altri che incontreremo più avanti, come una rappresentazione ideale del processo di transfert della conoscenza. Non è strettamente correlato né all’informatica, né tantomeno alla musica, infatti qualcuno avrà già pensato ”ma cosa me ne importa di tutto ciò? io faccio il musicista, non lo studioso di comportamenti umani!”. Ci accorgeremo però in futuro, che al momento opportuno (un momento diverso per ognuno di noi), magari nel leggere il giornale o guardando un tramonto, richiameremo alla memoria e collegheremo più o meno volontariamente i concetti espressi in queste righe con quelli letti in un’altra parte di questo scritto. Forse riaffioreranno e si connetteranno con gli stessi concetti anche frasi lette su un cartellone pubblicitario o sentite per radio in coda sull’autostrada. Improvvisamente nascerà nella nostra mente una nuova idea. Questa operazione, che alcuni chiamano ispirazione altro non è che la traduzione in un qualche linguaggio umano del momento in cui per qualche ragione vengono richiamati, si sovrappongono o si raccordano nel nostro vissuto diversi schemi esperienziali intrecciati in reti di grappoli di conoscenza. E ne creano uno nuovo. Possiamo solo tentare di descrivere il meccanismo, non insegnare a replicarlo. Successivamente dobbiamo però dare una forma a questa nuova idea e per farlo dobbiamo stabilire dei piani, delle strategie. Se gli script corrispondono agli schemi che descrivono un percorso da compiere per raggiungere un determinato scopo e sono interconnessi tra loro in strutture a grappolo, i piani sono la ricerca dello schema migliore o grappolo di schemi migliore da percorrere per il raggiungimento dello scopo all’interno del nostro database esperenziale (”fare un piano strategico”). Infine dovrebbe essere ora più chiaro il perchè della citazione del testo di ”I am sitting in a room” di A.Lucier all’inizio del Paragrafo. Questo è il testo che l’esecutore legge durante la performance (clicchiamo sui link per ulteriori notizie sul brano). E’ anche il piano dell’autore e del performer. L’esecutore infatti legge la descrizione di quello sta facendo, dove e come lo sta facendo e quale è lo scopo (musicale) che persegue. In questa situazione paradossa il piano e lo script coincidono con il significato stesso del brano, non sono una veicolazione di significato ma l’essenza del significato stesso. La musica qui non è un semplice ascolto di un linguaggio più o meno codificato e condiviso ma diventa partecipazione condivisa a una nuova esperienza che produce eventi sonori nel tempo.