Tipologie d'ascolto

Il suono è un fenomeno fisico esisitente in natura (piccole variazioni di pressione atmosferica generate da corpi elastici messi in vibrazione) e di per sè semplicemente esiste senza la necessità di essere udito da qualcuno. Anche l'essere umano esiste in natura e si da il caso sia fornito di un apparato in grado di trasdurre queste piccole variazioni di pressione atmosferica in informazioni di vario tipo.

Se per esempio udiamo il ruggito di un leone il nostro orecchio trasmetterà questa informazione al cervello che, grazie alle nostre conoscenze pregresse la collegherà a una situazione di possibile pericolo e metterà in atto tutte le misure necessarie a contrastarlo.

Ipotizziamo invece di essere sdraiati sotto le stelle in un luogo sicuro a contemplare la bellezza delle cose, trarremo una sensazione di piacere da un ascolto complessivo e immersivo dell'insieme dei suoni circostanti.

In entrambi i casi l'atto di ascoltare si configura come un mezzo di conoscenza percettivo del mondo che ci circonda concorrente alla creazione di un bagaglio esperenziale che, se condiviso con altri e stratificato nel tempo diventa tradizione culturale.

Quello che cambia è la funzione del suono ascoltato: nel primo caso assume le caratteristiche di un allarme e serve ad attivare un meccanismo, un'azione, mentre nel secondo ha semplicemente un fine ludico.

A seconda della funzione che assume un suono in un determinato contesto cambia anche il modo di ascoltare, nel primo caso sarà necessario una modalità d'ascolto selettiva in grado di analizzare tutti i suoni e discernere il suono della belva dagli altri, pena diventare un succulento boccone, mentre nel secondo sarà più efficace una modalità di ascolto passivo che generi una non-azione atta a livellare l'apporto di tutti e cinque i sensi all'esperienza in atto.

Oltre ad ascoltare i suoni prodotti da fenomeni naturali nel corso della propria storia gli esseri umani, per numerosi motivi che sarebbe troppo lungo sviscerare in questo contesto, hanno cominciato a produrre suoni, sia attraverso la propria voce, sia mettendo in vibrazione svariati tipi di oggetti.

Se in un primo momento la produzione di questi suoni era principalmente volta a una semplice ri-produzione fine a se stessa di suoni presenti in natura (versi di animali, rumore dei fiumi o del vento, etc.), con il passare del tempo è emersa la necessità di organizzarli tra loro, nell'intento di creare una modalità di comunicazione tra individui, ovvero nella lenta e progressiva costruzione di un linguaggio codificato.

L'esempio del leone di cui sopra si presta a chiarire in modo semplice anche questo passaggio evolutivo complesso: come può un individuo facente parte di una comunità più o meno ristretta, nel sentire e riconoscere il verso del felino nei paraggi, avvisare del pericolo gli altri individui appartenenti alla stessa comunità?

Una possibilità può essere ad esempio emettere con la voce o con qualche oggetto uno o più suoni in sequenza.

Se ogni volta che si verifica la situazione appena descritta il suono o la sequenza di suoni emessi sarà la stessa, si creerà col tempo e all'interno di quella comunità un'associazione più o meno diretta tra l'evento reale e la sua descrizione sonora.

Queste sequenze di suoni se inanellate e organizzate secondo regole in fonemi, morfemi, parole, frasi, etc. diventano linguaggio parlato dove ad ogni parola significante corrisponde un significato ovvero la cosa reale o l'azione descritta.

La parola "tavolo" (significante) rimanda all'oggetto tavolo (significato) così come la frase "scappa è arrivato un leone!" rimanda a un'azione da compiere.

Se invece una sequenza di suoni è organizzata attraverso regole condivise come nel linguaggio parlato ma i suoni non rimandano ad alcun significato (o meglio per dirla con Schopenhauer il significante coincide con il significato) possiamo parlare di linguaggio musicale.

Questa caratteristica infatti lo rende il più adatto all'espressione da parte dell'uomo di concetti astratti come emozioni, sentimenti, rapporti con il divino, espressioni non verbali (danza, teatro), o semplicemente come nel caso della musica pura costruzioni architettoniche di suoni nel tempo: la forma di una Sonata per pianoforte di Beethoven rappresenta solo se stessa e null'altro.

Questa può anche suscitare emozioni ma queste saranno differenti da individuo a individuo (magari per tutti può suscitare gioia o tristezza, ma la gioia o tristezza di ciascuno sarà differente da quella di qualsiasi altro e dipenderà da fattori estranei ai suoni che l'hanno suscitata come le esperienze personali).

Grazie al suo essere astratto il linguaggio musicale si presta dunque a interpretazioni non univoche e stratificate da parte del singolo ascoltatore che in parte dipendono dalla sua esperienza pregressa e in parte dalla tipologia d'ascolto messa in atto.

Ascolto passivo o involontario (soundscape)

Questo tipo di ascolto comporta una non-azione che tende alla direzione del sentire, ossia della percezione di suoni e rumori circostanti lasciati scorrere alla stregua di un flusso, senza che vi sia azione razionalizzante o di elaborazione da parte del cervello.

Se nell'età adulta un ascolto passivo presuppone una scelta dell'individuo, nell'universo percettivo dei neonati o dei bambini molto piccoli è idealmente l'unico ascolto possibile in quanto essi assorbono sostanzialmente ogni tipo di stimolo sonoro in maniera inconsapevole non avendo ancora formato sovrastrutture o schemi mentali che gli permettano di classificare e rielaborare il materiale sonoro con il quale vengono a contatto.

La stratificazione mnemonica nel tempo di tutte queste esperienze d'ascolto passivo non è però neutra ma contribuisce alla formazione di un serbatoio mentale di suoni.

Con l'avanzare dell'età nel momento in cui un individuo sentirà un suono già presente in questo serbatoio lo associerà in modo più o meno consapevole all'esperienza inconsapevole già vissuta. Per chi volesse approfondire questo ed altri argomenti relativi: John A. Sloboda “La mente musicale” (ed. Il Mulino, Bologna 1998).

Ascolto emotivo (ludico/sociale)

Questo tipo di ascolto è probabilmente quello che oggigiorno in questa parte del mondo viene associato a ciò che dovrebbe essere " la musica" in senso assoluto ovvero un piacevole passatempo che suscita in noi un vario numero di emozioni e che, grazie alla massificazione culturale causata dallo sviluppo tecnologico nell'ultimo secolo possiamo fruire sia in solitudine (ascoltandola registrata su di un supporto o trasmessa da un dispositivo di ricezione a casa o in cuffia), sia sotto forma di rito sociale andando a un concerto o in luoghi dove è presente quella che viene definita musica applicata o di consumo (spettacoli, musei, discoteche, eventi vari).

Come abbiamo già in parte appurato e come vedremo ulteriormente in seguito la parola "musica" in realtà racchiude in sè molti più significati.

Ascolto attivo o analitico (riconoscimento di elementi appartenenti a un linguaggio o a un codice)

Questo tipo di ascolto è generalmente considerato un prestare attenzione ai suoni in maniera consapevole, cosciente, ragionata, con punti di riferimento culturali di supporto.

Presuppone la conoscenza più o meno approfondita di un linguaggio di riferimento, della sua sintassi e dei suoi termini.

Il grado di consapevolezza culturale dell'individuo non determina la profondità analitica che è stabilita sempre da una scelta.

Ovviamente come in tutte le cose una maggiore conoscenza determina una maggiore possibilità di scelta.

Ascolto ridotto (musica acusmatica)

Questo termine è stato coniato dal padre della musica concreta: Pierre Schaeffer ed è legato in qualche modo alla descrizione dell'ascolto nei neonati e bimbi piccoli fatta poco sopra.

Nella teoria schaefferiana infatti l’ascolto ridotto è l’attitudine che un individuo può scegliere di avere nell’ascoltare un suono astraendosi dalla sua origine e da qualsiasi preconcetto, in modo tale da diventare cosciente del materiale musicale, facendo riferimento solo alle caratteristiche spettromorfologiche di ciò che viene udito.

Nell’esperienza dell’ascolto, ogni suono deve avere una forma e ogni forma deve avere un contenuto sonoro.

La principale differenza con l'ascolto passivo dei bimbi sta nel fatto che l'ascolto ridotto presuppone l'ascoltare suoni appartenenti a un brano musicale e quindi a un espressione artistica e, anche qualora si trattasse di suoni appartenenti a field-recording subiscono un processo di de-contestualizzazione ambientale e ri-contestualizzazione artistica.

Ascolto trascendente, religioso o psicologico (rave, raga, etc.)

Questo tipo di ascolto potrebbe essere considerato una sottocategoria dell'ascolto passivo o involontario. Esso però presuppone un preciso fine esperenziale di tipo psicologico o religioso che tendenzialmente è all'opposto di quello primario descritto all'inizio di questo scritto: il suono invece che essere un mezzo di conoscienza della realtà che ci circonda è un mezzo per trascendere questa realtà.

Se tale fine esperenziale è di tipo religioso come nei mantra buddisti o nei raga indiani diventa un modo di comunicare con l'entità divina, mentre se ha valenza psicologica diventa un modo di alterare il proprio stato di coscienza come nei rave party.

Dopo aver affrontato questioni di carattere generale sul suono e sul linguaggio musicale e prima di entrare nel merito delle diverse tecniche e strategie compositive della tradizione musicale occidentale effiettuiamo alcuni ascolti del repertorio elettroacustico dal 1900 a oggi.